I fattori che costituiscono una minaccia per i lampiridi sono riconducibili al profondo intervento che che nei secoli più recenti le popolazioni umane hanno prodotto sull’ambiente. In particolare, l’antropizzazione dei territori ha prodotto una pressione selettiva molto potente soprattutto nel secolo trascorso, quando fenomeni come la crescita demografica (e la conseguente urbanizzazione) e il progresso delle attività agricole e industriali hanno radialmente trasformato il paesaggio.
Un importante fattore di minaccia è dato dall’urbanizzazione. In Italia il consumo di suolo nelle aree di pianura, sulle coste e nei fondi valle procede a ritmi preoccupanti, come documentano i rapporti periodici dell’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/il-consumo-di-suolo/i-dati-sul-consumo-di-suolo). Tra il 1960 e il 2000 la superficie delle aree urbana in Italia è più che duplicata.
Anche i cambiamenti che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’agricoltura hanno inciso molto negativamente. La trasformazione delle campagne avvenuta a partire dagli anni ’50, con l’affermazione di un modello di produzione intensiva, ha prodotto anzi tutto un significativo aumento dell’uso di ffitofarmaci e la cosiddetta polarizzazione colturale, ovvero la tendenza delle aziende agricole a specializzarsi in una (monocoltura) o poche coltivazioni. Il numero delle aziende agricole, come dimostrano i censimenti ISTAT (https://www.istat.it/it/censimenti-permanenti/censimenti-precedenti/agricoltura) è progressivamente diminuito e ciò ha favorito il cosiddetto “riordino fondiario”, ovvero l’ampliamento della superficie coltivata da ogni singola azienda. L’accorpamento dei fondi agricoli ha prodotto fenomeni come l’eliminazione di quegli ambienti di margine (siepi, filari arborei, fossi, piccoli boschi) essenziali per la sopravvivenza della fauna selvatica, comprese le lucciole. Anche la bonifica delle aree umide e – in pianura la conversione dei boschi in aree umide hanno sicuramente avuto un effetto nefasto in termini di perdita della biodiversità.
Non ultimo in ordine di importanza fra i fattori di minaccia è l’inquinamento luminoso (http://www.inquinamentoluminoso.it/istil/indexit.html; http://cielobuio.org/cielobuio/). Per animali fotofobi che si sono evoluti adattandosi al buio della notte l’illuminazione artificiale rappresenta un fattore limitante molto importante (Ineichen, S., and Rüttimann, 2012; Firebaugh & Haynes, 2016). Ciò non toglie che se le aree urbane sono dotate di aree verdi sufficientemente estese e interconnesse fra di loro, possano esistere localmente superfici poco illuminate in cui questi animali riescono a sopravvivere, come ha dimostrato una ricerca condotta nell’area urbana di Torino sulle popolazioni di Luciola italica (Picchi et al., 2013).